23/12/10

Il sentiero che porta alla terra dei morti


Anni 80': da una parte il nichilismo e il vuoto valoriale, l'ultraliberismo di Reagan e della Tactcher, il neocolonialismo delle corporation, globalizzazione selvaggia, multinazionali che dettano l'agenda politica ed egemonizzano gli orizzonti personali; dall'altra parte l'ingegneria elettronica, la crescita esponenziale della potenza di calcolo e di stoccaggio dati, megaserver, cibernetica, intelligenza artificiale, biochimica. Il cyberpunk ne è la naturale inevitabile conseguenza a livello di immaginario culturale e di realizzazione letteraria, con i sui temi ricorrenti, le sue opprimenti ambientazioni concretamente futuribili, la sua consistenza interna, e il suo disperdersi annacquato a contaminare la cultura pop negli anni a venire: chi non si è almeno un po' riconosciuto in Neo durante le sue sgaloppate nella matrice a combattere macchine e virus informatici?
Neuromante (titolo originale "Neuromancer", anche in italiano è felicemente conservato il gioco di parole di fusione tra neuro- e necromancer ovvero necromante) di William Gibson, uscito nel 1984, a distanza di quasi trent'anni è considerato il capolavoro del genere, ed effettivamente, a mio modestissimo avviso, ne ha tutti i requisiti: ne definisce i canoni, grazie ad una struttura magistrale, all'efficacia linguistica, e, incidentalmente, ad una trama avvincente, ma contemporaneamente li trascende travalicando progressivamente in una universalità poeticamente visionaria. Non mi stupirei se chi sarà al mondo tra tre-quattro generazioni lo dovrà affrontare nella scuola dell'obbligo (ammesso che mondo, scuole e obblighi esistano ancora) nello stesso modo in cui ora si legge George Orwell.
Il lettore viene immerso gradualmente in una società globale di pirati informatici che scorrazzano nella rete, assassini senza scrupoli al soldo di potenti e ramificate corporation, ricettatori di software e innesti neuronali che ampliano le potenzialità del cervello, chirurghi clandestini e protettori a termine; un mondo dove il polistirolo galleggia illuminato dalle insegne al neon di fronte alle banchine del porto di Tokyo, dove la dispersione urbana ha trasformato l'east coast da New York a Miami in un'unica area metropolitana, dove se non vuoi morire devi guardarti le spalle continuamente. Un mondo stratificato su diversi livelli di realtà, dove la sottrazione fisica di un oggetto può avere successo solo se parallelamente un'incursione attraverso il cyberspazio rende innocui i connessi sistemi di protezione informatica; dove ad ogni elemento fisico reale corrispondono informazioni digitali in un ambiente virtuale infinito-dimensionale nel quale sono topologicamente organizzate strutture di dati in continua comunicazione ed evoluzione, che con ausilio di software vengono rappresentate come oggetti iridescenti immersi in uno spazio illusorio. Attraverso questo network globale posso avere accesso a percezioni sensoriali generate in qualche altro luogo da qualche dispositivo, come se questo fosse fuso con il sistema nervoso; al limite queste possono essere ricostruite artificialmente, posso rimanere intrappolato in un mondo artefatto, ricreato ad arte, ammesso che qualcuno, per esempio una immensa intelligenza interficiale, sappia ricostruire e programmare ogni singolo granello di sabbia, ogni spiffero di vento, le movenze leggiadre di un ragazzino, la dolcezza ammaliante della ragazza che credevi di aver perduto, ovvero la sterminata complessità del mondo, senza ritornare ciclicamente, camminando sulla spiaggia, al punto di partenza. Come a suggerirti che l'unico indizio a sostegno dell'autenticità dell'universo sia la sua infinitezza. Questo sprofondamento viene rappresentato come esperienza sensoriale, un viaggio continuo a tratti inintellegibile, i cui una sinestesia continua trasmette e amplifica la confusione delle percezioni.
Se riesci a non farti travolgere dalla morbosità e dall'intrigata architettura dell'intreccio, non puoi riporre il volume nella libreria senza rimettere in discussione e riaggiornare il tuo concetto di realtà, senza confrontarti con il fatto che le nostre esperienze non sono che input neurali e successive elaborazioni, senza affrontare una questione che arrogantemente mi prendo la libertà di sintetizzare nella seguente domanda un po' prosaica: " Sei innamorato. Preferisci vivere in un mondo che consideri reale perché l'unico che tu abbia mai conosciuto dove sai che lei (o lui) è morta(o) in modo orribile, oppure in un mondo dove ce l'hai lì accanto, potete guardarvi, parlarvi, trasmettervi vibrazioni con le gestualità di sempre, avere amplessi, un mondo per il resto perfettamente indistinguibile dall'altro tranne per il fatto che per certo sai essere falso e illusorio? "

06/12/10

Meraviglie tecnologiche

Vado alla scrivania, premo un tasto e accendo il portatile, il sistema operativo richiede la password utente, si avviano tutti gli oscuri processi che coccolano il mio mondo informatico attraverso l'amichevole familiare grafica a finestrelle; mi connetto via wireless, previo inserimento password, alla rete locale, che attraverso il router fastweb e i suoi protocolli sotterranei mi da accesso alla rete globale. Apro il terminale, ora mi posso dimenticare dell'interfaccia punta-clicca-trascina, e del lago del Nuuksio National Park, Helsinki su cui sono carnalmente ma misticamente appesi cartelle e vari oggettini colorati. Con un bel, soddisfacente, comando SSH, mi connetto, inserendo la password personale, al mio account sul server dell'INFN; qui copio il sorgente della simulazione numerica su cui ho lavorato negli ultimi 5 mesi della mia vita, lo compilo con gfortran. Adesso, da dentro la LAN dell'INFN di Torino, posso connettermi, con un altro bel, soddisfacente, comando SSH, previo inserimento password, all'ìinterfaccia utente lcg dalla quale posso interfacciarmi con GRID, una rete di migliaia di CPU disseminate in decine di centri di ricerca nazionali, che mi fornirà la potenza di calcolo di cui ho bisogno in un lasso di tempo ragionevolmente contenuto. Qui vi copio l'eseguibile appena generato. Avvio un proxy server; il comando, dopo aver richiesto una password "segretissima", controlla i certificati personali elettronici e legge un file di configurazione per sapere che server contattare e a che titolo. Ora, attraverso la mediazione del proxy, posso scambiare dati con questo server e sottoporre l'eseguibile a GRID. Il comando legge un paio di file di configurazione, uno specifica eseguibile e input-output richiesti, un'altro specifica una serie di parametri che influenzano il modo in cui la mia richiesta viene gestita. Il Workload Management System analizza quest'ultima, individua i computing elements e gli storage elements che rispecchino i parametri in grado di soddisfarla e smista il lavoro tra essi, e mi produce una stringa di caratteri identificativa del mio processo con la quale posso controllarne lo stato e recuperare il risultato una volta che è terminato.
In un qualche punto dello spazio tempo a me prossimo, mia nonna di 86 anni si avvia verso verso uno schermo, preme un bottone la cui presenza è evidenziata da un nastro adesivo colorato, e dopo aver smosso l'antenna a baffo attende qualche secondo l'apparizione delle immagini di un varietà tardo pomeridiano della Radiotelevisione Italiana.
Mi sto chiedendo cosa ci sia di strutturalmente diverso, e non lo so.

03/08/10

Stato di propaganda

Nell'era di wikileaks il punto non è tanto la censura nel senso di impedire che una cosa si venga a sapere. E' vero, i telegiornali, soprattutto quando in blocco coerentemente allineati, possono ottenere una soglia critica di attenzione su un qualche evento o situazione tacendone altri, possono strutturare la percezione del valore di verità di alcune affermazioni per la forza di una abitudinaria ridondanza, possono generare tensione su alcune questioni, inibendo la capacità di affrontarle con serietà e profondità, e parallelamente somministrare morfina su altre, consistentemente con dettate linee ideologiche. Però una serie di fugaci contributi video ("pezzi giornalistici" mi sembra francamente spesso inappropriato) non sono sufficienti a conseguire l'effetto duraturo di indurre un atteggiamento culturale, da cui dipendono poi scelte economiche e indirizzamenti politici; cioè definire il dizionario disponibile per il dibattito pubblico, i criteri con cui giudicare il nostro benessere, successo, appagamento personale, i parametri etici con cui giudicare i comportamenti nostri e altrui. {Per la verità una rapida occhiata al palinsesto televisivo permetterebbe di trovare senza troppo sforzo un insieme cospicuo di strumenti in grado di assolvere a questo compito (magari una loro analisi sistematica un'altra volta) } Però una propaganda efficace deve essere pervasiva come i film Disney, inevitabile come le lattine di Coca Cola, deve presentarsi con costanza davanti ai tuoi occhi (in un scenario cyberpunk anche a recettori di altri sensi) a qualunque livello, meglio se subdolamente mimetizzata e non riconoscibile. Non sto dicendo che ne stiamo subendo una monodirezionale (lo "stato" del titolo potrebbe essere felicemente ambivalente, ma lì è solo sinonimo di "condizione", non di "sovrastruttura istituzionale"); esistono soggetti con interessi e poteri diversi, ma per non abdicare un pezzetto alla volta al libero arbitrio è necessario riconoscerne almeno sommariamente mezzi identità e fini.
Questo sbrodolamento era per giustificare il valore forse spropositato che attribuisco alla narrazione che segue.
Ieri sento mia madre leggere:"Ho 45 anni, ho avuto successo nella vita e nel lavoro, ho soldi, ho avuto belle case e belle donne. Però ho voglia di abbandonare tutto. Che devo fare? Risposta della redazione: Abbandona tutto tranne soldi, donne e case, aiutano la meditazione". Nella mia camera dall'altra parte dell'appartamento, penso prontamente: "da dove l'ha presa questa puttanata?". Era accidentalmente arrivata a casa con "Chi", esatto, la rivista di pettegolezzi. In vena di stronzate, le dico: "Quella rivista vivrà del fatto che le parrucchiere pensano che non possa mancare nel loro negozio". Sarebbe finita lì se non fosse che scopro che, accuratamente celato al suo interno, c'era allegato "Panorama"; ho pensato ad alta voce "è iniziata la campagna elettorale !?", e mio padre "ma non un giornale è di sinistra?", "20 anni fa, ti confondi con l'Espresso forse, dammi un minuto e te lo dimostro". [Per chi non lo sapesse: è il settimanale più venduto in Italia con 400.000 copie (non credo ci siano così tante parrucchiere...), edito da Mondadori, di cui non faccio lo sforzo di ricordarvi il proprietario. Negli anni 60-70 un prestigioso giornale d'inchiesta, negli anni novanta è stato teatro di scontro sulla linea editoriale tra la vecchia redazione e la nuova proprietà....]
Così ho preso a sfogliarlo, cosa che non mi sarei mai degnato di fare altrimenti...
Pagina 17: Giuliano Ferrara, dall'alto della sua presunta intelligenza, rassicura sulla libertà di pensiero nel pdl, e sulla fedeltà di Tremonti
Pagina 22: enorme caricatura di Vendola, vestito da Superman, battezzato il "vendicatore/ predicatore rosso", e una raccolta ad arte di sue citazioni, decontestualizzate, in modo da suonare grottesche, con effetto denigratorio. Tra le altre "i suoi miti sono giovani che assaltano carabinieri come Carlo Giuliani, Gino Strada e Emergency, don Ciotti e Libera, Carlo Petrini e SlowFood". Scusate la digressione, per il primo posso eccepire sull'appellativo "eroe", ma è un ragazzo morto nella concitazione seguita all'aggressione da parte di gruppi di polizia esaltati e con addestramento paramilitare ad un cordone di una manifestazione fino a quel momento pacifica al G8 di Genova 2001. E per gli altri tre, francamente non vedo cosa ci sia di palesemente malvagio, forse solo il fatto che sono anomalie inspiegabili nel modello liberista?
Pagina 37: Oscar Giannino, avete presente quello pelato con barba e baffi che si fa vedere con scarpe improbabili e bastone da passeggio, spara a zero sui sindacati e difende la strategia della Fiat
Pagina 38: "questo è il deputato pd grande amico di bossi", per la serie ve lo segnaliamo è dell'altra parte ma è uno ragionevole, accanto una biografia con foto, astratta e gelida
Pagina 42 e 44: interviste a Diego Cammarata sindaco di Palermo, e a Maurizio Gasparri, persone affabili con cui entrare in familiarità, con cui dialogare amabilmente di argomenti di interesse generale, anche ma solo incidentalmente di attualità politica, riportati in atteggiamenti comuni e rassicuranti, in bicicletta, a mollo nel mare del rifugio vacanziero dove stare lontano da brutti ceffi come Di Pietro
Pagina 71: Bruno Vespa prende le difese della legge sulle intercettazioni
Ci sarebbe ancora qualcos'altro (su stragi di mafia, P3, consiglio superiore della magistratura) la cui lettura interpretativa è un po' più impegnativa e me ne asterrò per pigrizia.
Ovviamente deve sembrare un periodico che tratti svariati argomenti di interesse generale.
Pagina 49-50-51: biografie benevole di qualche amico: la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia; l'amministratore delegato di Unicredit Alessandro Profumo; il direttore del "Dipartimento per le informazioni e la sicurezza", una specie di intelligence che dipende direttamente dalla presidenza del consiglio dei ministri, già capo della polizia Gianni De Gennaro, si quello condannato ad 1 anno e 4 mesi di carcere in appello per istigazione alla falsa testimonianza in relazione ai pestaggi della caserma Diaz (sempre G8 di Genova 2001); Antonio Ricci, "il più temuto, influente, importante uomo della tv italiana" elogiato per la sua capacità di "muovere le fila di discorsi anche delicati, evitando accortamente di impigliarsi nei fili appicicosi della politica", come se "Striscia la notizia", al di là delle asimmetrie di trattamento, non incoraggiasse nell'elettorato un atteggiamento nei confronti della politica funzionale ad una delle parti (uno di quegli "strumenti"...)
Pagina 28, Pagina 32, Pagina 40: articoli rispettivamente su Mark Zuckerberg il miliardario creatore di facebook, John Elkann, e un altro tale miliardario che si è fatto da solo Tom Barrack. Per la serie, esempi positivi di cultura imprenditoriale, l'unico tipo di cultura con vero diritto di cittadinanza evidentemente.
Per completezza, in mezzo c'è un'inchiesta sui preti gay, vago eco dei tempi che furono, perché qualcosa in copertina ci deve pure essere, e nella coda articoli innocui (procuratori di calciatori, Oasis, turismo, cronaca nera) che neanche si sono dati la pena di inframmezzare agli altri.
Abbastanza da far venire la bava alla bocca ad accaniti sostenitori e i nervi fior di pelle ad accaniti oppositori.... Non che una lettura attenta non possa fornire stimoli. Però una lettura distratta e spensierata, senza la consapevolezza dell'organicità di chi te la propone, può indirizzarti e accompagnarti calorosamente verso una certa propensione senza che tu ne sia sfiorato dal dubbio.

10/06/10

i maccheroni al ragù

I cambiamenti nell'arco dell'esistenza di una persona sono spesso graduali, spalmati su archi temporali, afferrabili solo a distanza. Però esistono talora momenti topici, che segnano il passaggio tra un prima e un dopo, ad un livello più o meno simbolico o sostanziale. A volte come la pallina che rotola giù da un pendio da un versante invece che da un altro, bastava una spintarella e saresti stato attratto ad un universo aggregativo relazionale diverso. A volte più come la goccia di esasperazione e frustrazione che fa raggiungere una soglia critica e traboccare il vaso, a volte non basta un'immagine dove esce solo l'acqua di troppo e la bacinella resta intatta, piuttosto è quella goccia di acido in più che trasforma una solida montagna imponente in poltiglia dilagante.
Ultimamente, dieci anni dopo, uno di questi momenti sta emergendo ossessivamente dalle nebbie della mia memoria; forse perché solo adesso ho una sufficiente coscienza degli strumenti culturali per affrontarlo. Esattamente come è stato l'apice di un contesto che ora definirei repressivo per non dire abortentente, che mi ha segnato a lungo nonostante una caparbia operazione di rimozione: per anni mi sarei limitato a dire che in pochi mesi ho abbandonato scuole medie calcio e oratorio e la quasi totalità delle frequentazioni annesse, che elementi di continuità nella mia vita mamma papà e numero 2 amici, o avrei accennato ad un amore platonico. Evidentemente non erano ambienti che percepivo stimolanti, che assecondavano le mie inclinazioni, ma che invece sono riusciti in parte ad inculcarmi la vergogna della mia sensibilità (e direi della mia intelligenza se non sembrasse presuntuoso), l'ambizione alla mediocrità, forse anche la paura della cultura, che ho passato l'adolescenza a rimuovere.
Mi appresto a descrivere questo evento per una specie di rimozione della rimozione, come a compensare tutte le volte che ripensandoci avrei voluto scomparire, come una specie di esorcismo al contrario, come se nel suo essere una vicenda particolare avesse un qualcosa di universale, non facendomi influenzare dalla remota possibilità che possa leggere qualcuno che allora era presente.
L'ambientazione è un salone al primo piano dell'asilo dell'oratorio, grandi vetrate che si affacciano sul cortile dove in orari rigidamente stabiliti si poteva giocare a palla sempre che il parroco non si fosse risentito per qualche schiamazzo fuori posto, tante sedie scomode e un odore penetrante di polpa di pere che si affaccia dalle scale, una trentina di ragazzi di 13-14 anni, qualche animatore e qualche suora; è un incontro di preparazione alla cresima con cui dopo pochi giorni avremmo confermato la nostra appartenenza alla fede cristiana cattolica. La domanda è: se la cresima fosse un piatto? e se fosse un colore? Il gioco era collaudato, sapevo cosa ci si aspettava, e la risposta non doveva discostarvisi troppo, e gratificare le suore era semplice, a volte se mi andava di sforzarmi e non volevo sentirmi mortificato cercavo anche di uscire con qualcosa di non completamente banale. Quel giorno non ero disposto a compromessi, e dopo aver sentito un insieme di risposte disciplinate e ortodosse dissi qualcosa tipo: il colore è trasparente perché deve essere una scelta effettuata con trasparenza, consapevolezza, di fronte a tutti, e il piatto è maccheroni al ragù perché la vita è fatta di percorsi, rappresentati dai maccheroni, e si passa di percorso in percorso come se fossi dentro al piatto e passassi dentro ai maccheroni e poi di maccherone in maccherone, e sono pieni di ostacoli che sono rappresentati dal ragù. Non che adesso rivendicherei questa allegoria come particolarmente arguta. Però ero serissimo. Non solo esteriormente. Nel senso, la costruzione etica e cosmologica che hanno tentato di insegnarmi già mi sembrava traballante, però non avevo ancora estrapolato esplicitamente l'idea che si possa vivere senza (quella) religione, semplicemente non credevo a tutto quello che mi dicevano, per cui nell'ambito del ragionamento che stavamo facendo mi sarà sembrata una metafora sensata compatibile con gli schemi di ragionamento imposti. Tutti i ragazzi scoppiarono a ridere, forse dopo un po' anch'io, contagiato dall'euforia collettiva. Le suore non proprio, in particolare una, quella "cattiva". (forse ho anche toccato qualche questione aperta che l'ha fatta sentire chiamata in causa?) Di quello che blaterò ricordo solo che ero un idiota, che parlavo come un handicappato [e soprattutto che "trasparente" non era un colore], probabilmente disse altre cose in linea con il suo orgoglio autoritario ferito ma non con la sua supposta funzione educatrice. Io ne uscii in lacrime (ma quello non era strano visto che piangevo per le note a scuola), umiliato di fronte ai miei coetanei; alla confessione imposta ai cresimandi qualche giorno dopo non mi andava proprio di dire non vengo a messa e non obbedisco a mamma, andai dal parroco venuto apposta da fuori, gli dissi mio padre è stato tutta l'estate in ospedale, siamo stati alluvionati, mi è morto il gatto, e faccio fatica a relazionarmi con gli altri, vediamo che mi dice, nulla di memorabile; e dopo la cresima, si perché salvare la forma non costa mai troppo, non mi videro più.
Mi capita di pensare che sarei potuto essere un ragazzo di parrocchia, in fondo c'erano brave persone, meglio di qualunque altro coacervato abbia incontrato entro 2 km da casa, e ho cari amici autenticamente cristiani e di interessanti ne ho incontrati ancora di più; però quanto ho raccontato non è stata solo una spintarellina che mi ha allontanato, il mio ingegno intellettuale e spirituale non poteva essere confinato all'interno di un regno di compatibilità preconfezionato; convivo con i dubbi, che alimentano una ricerca continua, dagli esiti strutturalmente instabili; il crollo della montagna era inevitabile.

10/05/10

Un anello triangolare?


Come fa ad incastrarsi dove prima ce n'era uno circolare? Forse questo passaggio tra le due forme geometriche più semplici possibili è una allegoria del cambiamento. Si perché, come in ogni episodio cinematografico numero 2, l'eroe, già ben definito e affermato dalla puntata precedente, attraversa una fase di crisi interiore tecnologico-sentimentale, da cui ne uscirà perfezionato pronto per affrontare la guerra totale del film conclusivo. Che non è stato ancora girato e forse neanche programmato ma state tranquilli che ce lo ritroveremo nelle sale tra un anno o due se gli incassi avranno superato i costi di produzione.
La fonte di palladio stava contaminando il sangue di Iron Man fino alla morte. Cioè, ma tra tutti gli elementi di cui inventarsi proprietà "magiche" e letali, proprio uno talmente innocuo (non tossico, stabile, non radioattivo, non fissionabile) che (dovrei specificare "nella realtà"?) viene usato per gioielli e protesi dentarie? Forse il nome era abbastanza esotico. Comunque va sostituito con un nuovo elemento da scoprire, anzi no, che aveva già scoperto il padre ma che non poteva realizzare perché non si era tecnologicamente pronti. Come se ci fossero buchi nella tavola periodica. Per esso almeno hanno avuto la decenza di non procacciarsi un nome. E come si fa? Basta nuotare un po' attraverso ologrammi digitali per avere l'ispirazione su che fare, poi prendere gli attrezzi da lavoro e assemblare un acceleratore di particelle tipo lego che era nascosto in una botola in soggiorno, con cui sparare un fascio colorato, che incendia tutto, su un prisma di vetro..... Sto rimpiangendo la credibilità e verosimiglianza dei Power Rangers.
Qualcuno può pensare che le mie siano fisime esagerate da fisico intransigente. Forse. Però la fantascienza va intesa come scienza del possibile, come costruzione visionaria di scenari tecnologici e sociali, che però non ignorino le nostre conoscenze ma vi si innestino sopra ampliandole e integrandole con assunzioni magari ardite ma coerenti tra loro. Ci saranno sempre meandri inesplorati, in cui si può postulare ciò che più è adatto a nutrire la nostra spiritualità. Uno scrittore può anche scegliere di assumere le nozioni di partenza di una certa epoca storica; quantomeno lo deve fare il lettore di un romanzo di Verne o Wells scritto più di un secolo fa; oppure può partire da un miscuglio di sapienza e mitologia tale da ridursi al genere fantasy e parlare di maghi elfi e draghi. Però se assumi solo il linguaggio, una qualche atmosfera di fondo, richiami tecnologici, ma ignori la sostanza, generi solamente confusione, alienazione, ironia non voluta nella migliore delle ipotesi e riflessi condizionati demenziali nella peggiore.
C'è poi qualcosa di perverso nell'idea stessa di supereroe, come se sognassimo un qualcosa di onnipotente che ci protegga da tutti i mali del mondo garantendoci di fare la nostra vita beata e felice, tutto quello che desideriamo, senza che sia necessario risponderne. O forse è semplicemente il limite estremo della contrapposizione artificiosa tra bene e male. Comunque in una ambientazione fantastica, gotica, surreale, atemporale (Batman per dire) ha il suo fascino e una sua simbologia con cui sarei anche disposto a fare i conti; ma immergerlo e farlo agire in un contesto contemporaneo, riproducendone dinamiche e caratteristiche riconoscibili con cui lasciarlo interagire, è la contorsione più assurda della fantascienza, produce continuamente paradossi gestibili solamente ignorandoli. E di elementi politico-sociali ne hanno messi a profusione, i festini di lusso, i bagni mediatici, l'amministrazione di una grande impresa, l'ossessione degli americani per la sicurezza nazionale, ricondotta peraltro ad aspetti esclusivamente militari, un po' di patina polverosa rimossa dalla guerra fredda, l'arroganza dello stato e del suo esercito contrapposta al benefattore.
E si potrebbe anche discutere quale idea di società può far esclamare in trionfo al buono "ho privatizzato la sicurezza"? e quale idea trasmettono dei fisici sovietici? ma tanto a chi importa no?
Poi la comicità è grossolana, la trama non è così imprevedibile, i combattimenti ancora di meno e non sono neanche particolarmente curati; e giocare con la sessualità di Scarlett Johansson è letteralmente illegale. E' un film decisamente insulso, su cui però ho trovato abbastanza osservazioni metodologiche da farci un post.

02/05/10

La gabbia del lavoro

"L'Italia è una repubblica fondata sul lavoro". Sicuramente metà dell'assemblea costituente avrebbe voluto dire "repubblica dei lavoratori". Avrebbe avuto un senso completamente diverso. Non sto pensando alla mitologia dello Stakanov che raggiunge 20 volte la produttività giornaliera garantendo l'ottemperanza del piano quinquennale e il benessere dello stato sovietico, ma piuttosto all'idea che il diritto-dovere del lavoro da a tutti coloro che ne partecipano una parte di responsabilità sulla gestione della cosa pubblica, del bene comune. Ma d'altra parte l'idea del lavoro c'è in un po' tutte le ideologie. L'ora et labora cristiano, prega si, però non è che se preghi allora c'è qualcuno che lavora al posto tuo. Nel liberismo il lavoro è ciò che da valore ad una risorsa naturale attraverso un processo di trasformazione, e legittima la proprietà privata; all'estremo c'è il mito del self-made man. La scritta "il lavoro rende liberi" campeggiava (sarcasticamente?) sappiamo dove. Il primo articolo della costituzione italiana è un compromesso, e da solo non vuol dire proprio nulla, anzi, in un contesto selvaggiamente capitalista mi suona sbeffeggiante e derisorio. Tu, povero tapino, annaspa nelle categorie mentali che qualcuno ha impacchettato per te, sgobba tutta la vita, paga le tasse, almeno quel tanto che basta per garantire che la sovrastruttura sopravviva a se stessa; qualcuno magari sarà ricco ma tu quantomeno sarai dignitoso.

Instalación Ford River Rouge, Dearborn, Michigan.
Libreria del Congreso de lo Estados Unidos de America

Intanto la struttura fordista ha plasmato la nostra società e ancora di più la rappresetazione che ce ne siamo fatti, l'idea che sia essa ad averci donato qualche auspicabile forma di benessere, i pavimenti lucidi, l'antenna sul balcone al posto del cesso, il riscaldamento centralizzato, l'auto di media cilindrata con cui affollare luoghi scelti arbitrariamente il sabato sera e fare le scampagnate la domenica pomeriggio, per poi rottamarla con gli ecoincentivi dopo cinque anni di vita, sia mai che senza sostegno questo modello a cui siamo disperatamente attaccati svanisca, perché tutto il resto è precarietà, disfacimento, stabilimenti semi-periferici abbandonati con i vetri rotti, occupati da immigrati clandestini uomini divorziati e rifugiati politici.
Questa strutturazione della vita a compartimenti stagni forse avrà allungato l'aspettativa di vita ma non ha mai dato risposte a qualcosa che assomigli ad esigenze profonde. Metà della vita produttivo, un quarto a essere guardato dai genitori, un quarto a essere guardato dai figli. Scuole non come luoghi di cultura e socialità, ma come parcheggi. Altri parcheggi di 50 metri quadri con dentro settantenni, che se non c'è la signora rumena o filippina guardano solo Rai1 perché nessuno ha considerato significativo spiegare come cambiare canale, le transizioni tecnologiche non sono per loro, che escono solo per tornare con sacchetti con dentro altri sacchetti. La giornata divisa su tre turni: otto ore per dormire, otto ore al lavoro, otto ore per la cura di te stesso. Che poi, di queste ultime, due si trascorrano in un mezzo di locomozione individuale a causa di una crisi antropologico-urbanistica, due a procurarsi e ingurgitare cibo con sufficiente valore nutrizionale ma nessuna valenza sociale e relazionale, due davanti alla televisione per una crisi non meno che culturale.... cosa ti rimane? La settimana a Rimini a ferragosto?

Atasco durante la hora punta, en Shanghai
Fuente: Reuters

Oppure...?
Forse l'unica cosa che mio padre ha tentato di insegnarmi, incarnando anche con la sua attività quest'idea, è che non si vive per lavorare ma si lavora per vivere. Non sono così sicuro di aver capito, in questo contesto, cosa significhi vivere, però.... Sono intelligente quanto basta perché mi venga impossibile identificare i miei fini con quelli di una ipotetica azienda a scopo di lucro di proprietari e/o azionisti per cui mi ritrovassi a lavorare. Ho vissuto troppe relazioni personali autentiche e gratuite, e ho visto troppe persone dedicarsi sinceramente e arditamente al bene comune, per potermi percepire come imprenditore di me stesso allo scopo di qualificarmi e guadagnare potere economico e contrattuale nel "mercato del lavoro". Raccimolare soldi per sostenere uno stile di vita di cui non sento il bisogno è discretamente poco interessante come prospettiva. Forse l'amore per qualcun altro potrebbe valere il percepire tutto il resto come mera sopravvivenza, ma adesso come adesso penso di no.
Solitamente ogni discorso che mi capita di sentire sul tema del lavoro mi avvilisce, opprime la mia personalità, schiacciandola in un angolo remoto mentre retoriche inconcludenti ed esigenze minimali si scontrano di fronte a me senza esito, come se fosse possibile affrontare la questione senza chiedersi su cosa si fonda quella società che vorremmo lo esigesse e garantisse a tutti.

17/03/10

Lo scivolamento del significato

I significanti non possono mutare troppo in fretta; neanche nelle rivoluzioni fulminanti. Vengono partoriti con dolore, infissi nella coscienza collettiva magari attraverso momenti simbolicamente memorabili, ed infine restituiti al riciclaggio della storia, su scale temporali più grandi della durata della vita di ciascuno di noi, che li percepiamo immutabili. Sono gli elementi base, come maniglie sospese in un vuoto nebuloso, con cui costruiamo la nostra affezionata rappresentazione del mondo.

Invece i significati gli scivolano sotto, assecondando capricciose dinamiche economico-tecnologico-socio-politico-culturali-ambientali... Quei significati di cui in principio i significanti dovrebbero solo essere simboli convenzionali.

Uno spostamento repentino genera incomprensione, impossibilità di condivisione, incomunicabilità tra sotto-mondi diversi, tra chi sta al di qual e chi sta al di là della frattura.

Esempi?
  1. La progressiva parziale presa di coscienza dei problemi di SOSTENIBILITA` della nostra interazione con l'ecosistema che ci permette l'esistenza, fluttua attorno alle parole ecologia - ambiente, che contengono questa idea di rapporto tra io-noi e cose che stanno attorno; sono appiccicate con disinvoltura alle domeniche a piedi, agli incentivi statali per il settore automobilistico, a pubblicità strappalacrime di berline con motori 3000 cc che consumano un pochettino meno. Quasi tutti cercano di impossessarsene, piccole imprese e grandi multinazionali si danno una lavata verde, con il risultato che si diffida anche di chi sarebbe credibile.
  2. Il "mulino che vorrei", la mucca "Lola", il paternalismo di Giovanni Rana, il "mondo come una volta" del pollivendolo Francesco Amadori, le scene agro-pastorali del pranzo o della merendina in famiglia, le insalatine e i wurstel che danzano, ci richiamano l'aspirazione ad una serena VITA BUCOLICA, che possediamo a livello ancestrale; però dietro c'è l'industria agro-alimentare con coltivazioni e allevamenti intensivi che, essendosi insinuate nelle lacune del rapporto uomo-cibo-territorio, producono ora i maggiori disastri dell'età contemporanea. Nel frattempo le nostre care nonne percepiscono la funzione rituale del pranzo in famiglia, e di fronte ad un piatto di pasta al sugo pronto Barilla, seguita da una parigina con spinaci surgelati e un filetto di salmone in scatola, ricordano con nostalgia le pratiche della loro infanzia, confinando la loro riproposizione in un pranzo domenicale al mese.
  3. L'INFORMAZIONE, è strumento fondamentale per permettere il giudizio, chi non sarebbe d'accordo? E' esiziale se riteniamo che chi dispone di una qualche forma di potere sia tenuto a risponderne. Vuol dire venire a conoscenza dei fatti, no? Vuol dire riconoscibilità, integrità, autorevolezza di chi te li riporta. Ancora prima del riportare diverse interpretazioni. Non vuol dire neanche perenne equidistanza dalle due opposte posizioni. Non vuol dire neanche chiedere in giro cosa ne pensa "la gente". Non è intrattenimento. Non è riempire di pettegolezzi le nostre vite noiose. Non sono curiosità sfiziose. Però avocare una contro-informazione è una sconfitta prima di tutto semantica.
  4. La DEMOCRAZIA, c'è qualcosa che riempie il nostro immaginario di più? E' tutto riconducibile al solo inalienabile sacrosanto diritto di voto? Metti una croce su quel simbolo lì, ti conviene, è facile, guarda ti scrivo anche il nome del leader così non ti sbagli. Poi non rompere più per qualche anno però...

03/03/10

Pensi che sia abile a letto?

Trovi che [il sottoscritto] sia attraente? La domanda, brutale, staglia al centro dello schermo. Accanto, sulla sinistra, un inquietante si color verde ne è inequivocabilmente la risposta. Più sotto: Hai mai mai preso una cotta per [il sottoscritto]? Questa volta, in posizione analoga, leggo un rassicurante no color rosso. Baceresti mai [il sottoscritto]? Vorresti vedere il corpo nudo di [il sottoscritto]? Pensi che [il sottoscritto] sia abile a letto? Altrettanti si. Seguono altre domande, altri no, altri si.
Chi mai dei 24 contatti che hanno autorizzato l'applicazione Amico Fatti può aver dato siffatte risposte? Verrebbe da chiedersi, ingenuamente, che motivo avranno avuto per fare lo sforzo di darle, assumendo forse per assurdo che ci sia un motivo (e che sia uno sforzo). Lo posso, o peggio, devo prendere seriamente? Oppure è qualche simpaticissimo "amico" in vena di sarcasmi? La voglia, si, uso un verbo dall'eco vagamente carnale, di sapere la risposta a queste domande può divampare morbosamente. Come si fa? Aspetta, qui a sinistra... Scopri chi ha detto questo per 60 punti?..... 60 cosa? accidempolina sono persone con cui ho un rapporto, una qualche forma almeno, comunque non sono solo nodi di un reticolo, e ho bisogno di.... punti!? Come faccio ad avere 'sti punti?
Vuoi vedere che devo risponderci anch'io a 'ste domande? Un punto per ogni risposta data? Cioè per grattare un mio prurito devo far dilagare un'epidemia? Ci sarà qualche scappatoia. Infatti non ci vuole molto a trovarla: Hai bisogno di più punti? 400 punti per 5 dollari americani. Aspetta, in soldoni, vuol dire che qualcuno ha stimato che la soddisfazione di una curiosità morbosa vale all'incirca 80 centesimi di dollaro. Vuol dire che non è stato neanche creato in Europa, e qualcuno si è pure degnato di tradurlo, spero non gratuitamente pensando fosse un'applicazione carina. Tanti comodi e pratici metodi di pagamento, non ti preoccupare la transazione è rapida, efficiente e sicura, paypal, carta di credito, pure via telefono, questa mi è nuova.
Pagare così va contro una tua pur pallida rappresentazione di decenza? Non ti preoccupare puoi appoggiarti ai nostri sponsor, utilizza i loro servizi e in 15 minuti ti verranno accreditati punti. Più punti, più risposte di cui conoscere l'autore.
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Mi viene in mente che i social network hanno fatto la ricchezza dei loro creatori; speravo che fosse solo a causa della condivisione dei dati sensibili con società terze interessate, e non anche per la capacità di insinuarsi nella debolezza delle nostre relazioni. Mi viene in mente una frase che ho letto tempo fa: il mondo è un ottimo posto per vendere telefoni cellulari e lettori mp3 portatili, non per viverci.
Sarà quel ritardo di 15 minuti, che mi fa demordere: mi tengo queste curiosità artefatte, con l'ostinata convinzione che con le persone a volte ci si può interagire veramente e non solo per finta.

21/02/10

Qualcuno ha sentito delle canzoni

Nel ultimi giorni c'era qualcuno che sentiva canzoni, o almeno così sembra; magari in ogni casa c'erano i figli a zonzo o a giocare alla playstation, lui a farsi i fatti suoi in un'altra stanza e lei addormentata davanti al festival di Sanremo; meglio comunque dei mantra subliminali di Striscia la Notizia o di qualunque "programma di approfondimento" di Mediaset. Oppure è tutto vero, un paese frammentato ha bisogno di un rito collettivo, uno a caso, in attesa dei mondiali di calcio?
Ho sentito i soliti frullati di parole di vago senso poetico estratte a caso da un dizionario, tascabile per carità (come da un caleidoscopio di orwelliana memoria?) convergenti sistematicamente sulla universale catarsi del binomio cuore-amore, ingabbiate nello schema verso-ritornello-verso-ritonello-finale; tanto vale non fare neanche finta di avere qualcosa da esprimere, mischiare ben bene, in modo che ciascuno ci possa leggere qualunque sfaccettatura del sentimento amoroso che inizi con la lettera L. Ho visto anche un centinaio musicisti professionisti cercare di esprimere una qualche forma di dissenso, ma tanto il popolo è sovrano no? spero almeno che li paghino bene, almeno lì; non vedo per quale altro motivo chi ha studiato musica 15-20 anni dovrebbe sottoporsi ad una simile mortificazione.
Non lamentiamoci che ha vinto la De Filippi, e il suo gruppo di potere, se volevano potevano affittare una intera flotta di satelliti delle telecomunicazioni e mandare messaggi in loop, quando il povero tapino intrippato di partecipazione paga democraticamente 75 cent. Probabilmente non ne hanno avuto bisogno. Conta qualcosa? Conta solo quali cd comprerete domani. E vincono quando ogni giorno fanno 4-6-10 milioni di spettatori; ma non avete altro nella vita che sognare una fama passeggera? questo era banale, meno lo è il fatto che è una cosa facilmente controllabile, no, di più, si controlla da sola.
Ma ho visto qualcosa che se possibile mi inquieta ancora di più: un vecchio cantante che ha utilizzato le nuove forme della tv per ritornare popolare dopo aver avuto problemi con il gioco d'azzardo, che dichiara in modo assolutamente democratico la sua fede monarchica (ma in monarchia potrei dichiarare liberamente la mia fede democratica?), che (si) intrattiene alle feste di Alleanza Nazionale. L'ho visto su quel palco accanto ad un poveretto incolpevole che fino a pochi anni fa era in esilio. Cioè, capite, "esilio", questa parola dal sapore arcaico. C'era anche un altro tizio, e te lo dicono anche nel nome ufficiale del trio (improvvisato?), scusate, non è famoso e non sapete chi è, ma è un tenore, tra di noi è quello che sa cantare. Cantare che cosa? una canzone patriottica? Ho sentito parole fortemente evocative, lavoro, famiglia, cultura, religione, giustizia, rispetto, onestà, ideale, sofferenza, mischiate alla rinfusa, cercando di accontentare un po' tutti. Ho sentito quel grido, "di fronte a Dio"; avrà pensato chiamarlo in causa male non fa, poiché in media genera più apprezzamento che disgusto; a me suona tanto incoronazione del re da parte del papa. Poi questa immagine, struggente, del bambino che sogna di riabbracciare il suo amato paese, cosa vuol dire? che vuoi farti due passi sul lago di Como e sulla costiera amalfitana? benissimo. Oppure vuoi avere qualche proprietà che pensi ti appartenga? o magari contemplare il tuo regno dall'alto di un pulpito? Magari sono ingiusto, non ha nessun significato politico, era solo un grido di amore. Però cosa volevi dire, quando hai declamato, più che cantato, che oggi l'Italia si specchia più serenamente nella sua storia?

Pupo, Emanuele Filiberto e il tenore Luca Canonici
Credits: la Repubblica