10/05/10

Un anello triangolare?


Come fa ad incastrarsi dove prima ce n'era uno circolare? Forse questo passaggio tra le due forme geometriche più semplici possibili è una allegoria del cambiamento. Si perché, come in ogni episodio cinematografico numero 2, l'eroe, già ben definito e affermato dalla puntata precedente, attraversa una fase di crisi interiore tecnologico-sentimentale, da cui ne uscirà perfezionato pronto per affrontare la guerra totale del film conclusivo. Che non è stato ancora girato e forse neanche programmato ma state tranquilli che ce lo ritroveremo nelle sale tra un anno o due se gli incassi avranno superato i costi di produzione.
La fonte di palladio stava contaminando il sangue di Iron Man fino alla morte. Cioè, ma tra tutti gli elementi di cui inventarsi proprietà "magiche" e letali, proprio uno talmente innocuo (non tossico, stabile, non radioattivo, non fissionabile) che (dovrei specificare "nella realtà"?) viene usato per gioielli e protesi dentarie? Forse il nome era abbastanza esotico. Comunque va sostituito con un nuovo elemento da scoprire, anzi no, che aveva già scoperto il padre ma che non poteva realizzare perché non si era tecnologicamente pronti. Come se ci fossero buchi nella tavola periodica. Per esso almeno hanno avuto la decenza di non procacciarsi un nome. E come si fa? Basta nuotare un po' attraverso ologrammi digitali per avere l'ispirazione su che fare, poi prendere gli attrezzi da lavoro e assemblare un acceleratore di particelle tipo lego che era nascosto in una botola in soggiorno, con cui sparare un fascio colorato, che incendia tutto, su un prisma di vetro..... Sto rimpiangendo la credibilità e verosimiglianza dei Power Rangers.
Qualcuno può pensare che le mie siano fisime esagerate da fisico intransigente. Forse. Però la fantascienza va intesa come scienza del possibile, come costruzione visionaria di scenari tecnologici e sociali, che però non ignorino le nostre conoscenze ma vi si innestino sopra ampliandole e integrandole con assunzioni magari ardite ma coerenti tra loro. Ci saranno sempre meandri inesplorati, in cui si può postulare ciò che più è adatto a nutrire la nostra spiritualità. Uno scrittore può anche scegliere di assumere le nozioni di partenza di una certa epoca storica; quantomeno lo deve fare il lettore di un romanzo di Verne o Wells scritto più di un secolo fa; oppure può partire da un miscuglio di sapienza e mitologia tale da ridursi al genere fantasy e parlare di maghi elfi e draghi. Però se assumi solo il linguaggio, una qualche atmosfera di fondo, richiami tecnologici, ma ignori la sostanza, generi solamente confusione, alienazione, ironia non voluta nella migliore delle ipotesi e riflessi condizionati demenziali nella peggiore.
C'è poi qualcosa di perverso nell'idea stessa di supereroe, come se sognassimo un qualcosa di onnipotente che ci protegga da tutti i mali del mondo garantendoci di fare la nostra vita beata e felice, tutto quello che desideriamo, senza che sia necessario risponderne. O forse è semplicemente il limite estremo della contrapposizione artificiosa tra bene e male. Comunque in una ambientazione fantastica, gotica, surreale, atemporale (Batman per dire) ha il suo fascino e una sua simbologia con cui sarei anche disposto a fare i conti; ma immergerlo e farlo agire in un contesto contemporaneo, riproducendone dinamiche e caratteristiche riconoscibili con cui lasciarlo interagire, è la contorsione più assurda della fantascienza, produce continuamente paradossi gestibili solamente ignorandoli. E di elementi politico-sociali ne hanno messi a profusione, i festini di lusso, i bagni mediatici, l'amministrazione di una grande impresa, l'ossessione degli americani per la sicurezza nazionale, ricondotta peraltro ad aspetti esclusivamente militari, un po' di patina polverosa rimossa dalla guerra fredda, l'arroganza dello stato e del suo esercito contrapposta al benefattore.
E si potrebbe anche discutere quale idea di società può far esclamare in trionfo al buono "ho privatizzato la sicurezza"? e quale idea trasmettono dei fisici sovietici? ma tanto a chi importa no?
Poi la comicità è grossolana, la trama non è così imprevedibile, i combattimenti ancora di meno e non sono neanche particolarmente curati; e giocare con la sessualità di Scarlett Johansson è letteralmente illegale. E' un film decisamente insulso, su cui però ho trovato abbastanza osservazioni metodologiche da farci un post.

02/05/10

La gabbia del lavoro

"L'Italia è una repubblica fondata sul lavoro". Sicuramente metà dell'assemblea costituente avrebbe voluto dire "repubblica dei lavoratori". Avrebbe avuto un senso completamente diverso. Non sto pensando alla mitologia dello Stakanov che raggiunge 20 volte la produttività giornaliera garantendo l'ottemperanza del piano quinquennale e il benessere dello stato sovietico, ma piuttosto all'idea che il diritto-dovere del lavoro da a tutti coloro che ne partecipano una parte di responsabilità sulla gestione della cosa pubblica, del bene comune. Ma d'altra parte l'idea del lavoro c'è in un po' tutte le ideologie. L'ora et labora cristiano, prega si, però non è che se preghi allora c'è qualcuno che lavora al posto tuo. Nel liberismo il lavoro è ciò che da valore ad una risorsa naturale attraverso un processo di trasformazione, e legittima la proprietà privata; all'estremo c'è il mito del self-made man. La scritta "il lavoro rende liberi" campeggiava (sarcasticamente?) sappiamo dove. Il primo articolo della costituzione italiana è un compromesso, e da solo non vuol dire proprio nulla, anzi, in un contesto selvaggiamente capitalista mi suona sbeffeggiante e derisorio. Tu, povero tapino, annaspa nelle categorie mentali che qualcuno ha impacchettato per te, sgobba tutta la vita, paga le tasse, almeno quel tanto che basta per garantire che la sovrastruttura sopravviva a se stessa; qualcuno magari sarà ricco ma tu quantomeno sarai dignitoso.

Instalación Ford River Rouge, Dearborn, Michigan.
Libreria del Congreso de lo Estados Unidos de America

Intanto la struttura fordista ha plasmato la nostra società e ancora di più la rappresetazione che ce ne siamo fatti, l'idea che sia essa ad averci donato qualche auspicabile forma di benessere, i pavimenti lucidi, l'antenna sul balcone al posto del cesso, il riscaldamento centralizzato, l'auto di media cilindrata con cui affollare luoghi scelti arbitrariamente il sabato sera e fare le scampagnate la domenica pomeriggio, per poi rottamarla con gli ecoincentivi dopo cinque anni di vita, sia mai che senza sostegno questo modello a cui siamo disperatamente attaccati svanisca, perché tutto il resto è precarietà, disfacimento, stabilimenti semi-periferici abbandonati con i vetri rotti, occupati da immigrati clandestini uomini divorziati e rifugiati politici.
Questa strutturazione della vita a compartimenti stagni forse avrà allungato l'aspettativa di vita ma non ha mai dato risposte a qualcosa che assomigli ad esigenze profonde. Metà della vita produttivo, un quarto a essere guardato dai genitori, un quarto a essere guardato dai figli. Scuole non come luoghi di cultura e socialità, ma come parcheggi. Altri parcheggi di 50 metri quadri con dentro settantenni, che se non c'è la signora rumena o filippina guardano solo Rai1 perché nessuno ha considerato significativo spiegare come cambiare canale, le transizioni tecnologiche non sono per loro, che escono solo per tornare con sacchetti con dentro altri sacchetti. La giornata divisa su tre turni: otto ore per dormire, otto ore al lavoro, otto ore per la cura di te stesso. Che poi, di queste ultime, due si trascorrano in un mezzo di locomozione individuale a causa di una crisi antropologico-urbanistica, due a procurarsi e ingurgitare cibo con sufficiente valore nutrizionale ma nessuna valenza sociale e relazionale, due davanti alla televisione per una crisi non meno che culturale.... cosa ti rimane? La settimana a Rimini a ferragosto?

Atasco durante la hora punta, en Shanghai
Fuente: Reuters

Oppure...?
Forse l'unica cosa che mio padre ha tentato di insegnarmi, incarnando anche con la sua attività quest'idea, è che non si vive per lavorare ma si lavora per vivere. Non sono così sicuro di aver capito, in questo contesto, cosa significhi vivere, però.... Sono intelligente quanto basta perché mi venga impossibile identificare i miei fini con quelli di una ipotetica azienda a scopo di lucro di proprietari e/o azionisti per cui mi ritrovassi a lavorare. Ho vissuto troppe relazioni personali autentiche e gratuite, e ho visto troppe persone dedicarsi sinceramente e arditamente al bene comune, per potermi percepire come imprenditore di me stesso allo scopo di qualificarmi e guadagnare potere economico e contrattuale nel "mercato del lavoro". Raccimolare soldi per sostenere uno stile di vita di cui non sento il bisogno è discretamente poco interessante come prospettiva. Forse l'amore per qualcun altro potrebbe valere il percepire tutto il resto come mera sopravvivenza, ma adesso come adesso penso di no.
Solitamente ogni discorso che mi capita di sentire sul tema del lavoro mi avvilisce, opprime la mia personalità, schiacciandola in un angolo remoto mentre retoriche inconcludenti ed esigenze minimali si scontrano di fronte a me senza esito, come se fosse possibile affrontare la questione senza chiedersi su cosa si fonda quella società che vorremmo lo esigesse e garantisse a tutti.